Salute e Ambiente
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Lo Zika virus è solo un membro della “bad company” Perchè (o per chi) tanto rumore ... (?) Roberto Ronchetti Presiedente Isde Roma- Prof Emerito di Pediatria .. dell’Università La Sapienza di Roma Pietro Massimiliano Bianco- Tecnologo / Ricercatore ISPRA Una massiccia campagna mediatica basata su fatti , ipotesi e semplici supposizioni spacciate per verità, che a livello mondiale sta avendo importanti implicazioni sociali, ecologiche ed economiche ci costringe ad occuparci del virus Zika. I fatti : la campagna mediatica e le sue conseguenze Il fatto principale è avvenuto a partire dagli anni ‘80 ed è la colonizzazione dell’America meridionale e centrale da parte della Aedes aegypti una specie di zanzara che prima di allora aveva risparmiato quel continente (Lourenço-de-Oliveira e al., 2013). Si tratta di un evento analogo a quello che verso la fine degli anni 90 del secolo scorso ha visto la Aedes albopictus , la cosiddetta zanzara tigre, colonizzare stabilmente molti paesi del sud Europa inclusa l’Italia (Romi et al., 2001). La Aedes aegypti è in grado di veicolare e iniettare con la puntura oltre a vari altri virus, il virus Zika: si tratta di un virus noto da oltre 60 anni (Dick et al., 1952; Dick, 1952) in grado di provocare una blanda malattia simil influenzale che si verifica sette giorni dopo la puntura della zanzara vettrice. L’arrivo della Aedes aegypti in sud America ha provocato casi endemici o piccole epidemie di tale lieve malattia (Kindhauser et al., 2016). E’ stato tuttavia notato che nelle epidemie verificatesi nel continente americano il virus Zika ha mostrato la tendenza a provocare sindromi neurologiche, come paralisi ascendente (sindrome di Guillain Barrè) ed anche malformazioni cerebrali con craniostenosi nel feto di donne infettate nei primi mesi di gravidanza: di ciò abbiamo casi accuratamente documentati in uno dei quali dal tessuto cerebrale fetale è stato isolato un virus Zika, che presentava nel proprio patrimonio genetico alcune mutazioni rispetto a quanto era stato in precedenza trovato nello Zika virus asiatico ( Calvet et al., 2016) . Il virus ha la peculiarità ,chiaramente dimostrata in alcuni casi, di poter essere trasmesso tramite rapporti sessuali (Musso et al., 2015). Nel settembre 2015, in seguito ad alcune segnalazioni , le Autorità della Sanità brasiliana hanno richiesto di segnalare accuratamente tutti i casi di craniostenosi rilevati nel Paese: i risultati di questa ricognizione nazionale hanno provocato un grosso allarme perché i casi di craniostenosi registrati, che negli anni precedenti erano stati mediamente intorno a 150, risultarono essere nel 2015 4180 con un aumento dell‘ incidenza dalla malformazione di 20 volte in un anno. Venne subito avviato un riesame critico ed accurato della casistica che riguardò 732 casi che facevano parte dei 4180 originariamente segnalati: da questo riesame risultò che soltanto circa 1/3 di essi era effettivamente riconducibile alla diagnosi di craniostenosi (Phillips & Sun, 2016). Anche così ridotto il numero di casi nel 2015 rappresentava un aumento di circa 10 volte rispetto all’anno precedente. Queste notizie, divenute di pubblico dominio, hanno innescato la campagna mediatica nella quale si dava per scontato che l’aumento dei casi fosse reale e dovuto alla presenza del virus Zika a sua volta introdotto dall’ arrivo recente della nuova zanzara. Va menzionata, perché ripetutamente portata a sostegno dei fatti brasiliani che abbiamo citato il cosiddetto cluster di casi di fetopatie verificatisi nella Polinesia Francese. Nel 2013-2014 nell’area geografica di Tahiti, si è verificata une breve ma intensissima epidemia di malattia causata dallo Zika virus: non sono riportati danni gravi conseguenti (ECDC, 2015). Nel 2015, a seguito delle notizie provenienti del Brasile sulla possibilità che il virus produca craniostenosi, si è disposta una indagine retrospettiva sui casi di “malformazioni neurologiche” verificatisi in feti frutto di aborti o in neonati nel corso del 2014: la indagine documentò che in quell’anno si erano registrati 17 di tali casi. La pubblicazione che abbiamo consultato (ECDC, 2015) definisce questo numero disturbingly high”. Chiarito che non si tratta di casi di craniostenosi, ma di un assai generico gruppo di malformazioni, in cui solo una parte è riferibile alla diagnosi che allarma il Brasile, che si tratta di una indagine retrospettiva, condotta in una comunità allarmata dalle notizie catastrofiche lanciate dalle autorità brasiliane, che non è suffragata dai dati sul l’incidenza delle malformazioni cerebrali nei periodi precedenti all’arrivo dello Zika, in modo da rendere possibile fare un confronto scientificamente valido, l’indagine appare ampiamente criticabile. Comunque, sorvolando sulle possibili manchevolezze metodologiche ed ammettendo che forse la metà di queste malformazioni fossero craniostenosi o microcefalie il loro numero a Tahiti , isola con circa 200.000 abitanti e con circa 10.000 nascite all’anno darebbe una incidenza inferiore a quanto si trova in tutte le nazioni del mondo che come abbiamo riportato oscilla tra 1- 3 e 12 casi per 10.000 nascite, con pesanti oscillazioni di incidenza da un anno all’altro. Appare singolare che questi 17 casi mal documentati e di numero basso sia in senso epidemiologico che assoluto siano , da parte di molte autorità internazionali, etichettati come “cluster“ analogo ai casi brasiliani . Da tutto ciò sono derivate enormi conseguenze. Atleti Olimpici che si allenavano in Brasile in vista dei Giochi previsti per l’agosto 2016 hanno lasciato il Paese mettendo in dubbio la loro futura partecipazione alle gare. Molti turisti hanno disdetto le prenotazioni. Si è da subito sconsigliato a donne gravide di visitare il Brasile ed alle donne brasiliane si è sconsigliato di iniziare una nuova gravidanza Dichiarazioni alla BBC del dicembre 2015 del professor Jonas Schmidt-Chanasit dell’Istituto Bernhard-Nocht per la Medicina Tropicale dii Amburgo, Germania, membro del Centro di Collaborazione e Ricerca per gli arbovirus e febbre emorragica dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità. . La presidente del Brasile Dilma Rousseff, per rassicurare la opinione pubblica Brasiliana ed internazionale ha lanciato una campagna “Zika zero” il cui obiettivo è di distruggere completamente la Aedes aegypti prima dell’agosto prossimo. A tale scopo sono stati mobilitati circa 50.000 militari e sono state create numerosissime squadre di “bonificatori” che amati di sofisticate apparecchiature irroratrici, con maschere e tute gialle impermeabili, hanno promesso che nei prossimi mesi bonificheranno 3 milioni di abitazioni private e tutti gli edifici pubblici. Data l’urgenza, la “lotta” alla zanzara verrà condotta con metodica “integrata” cioè con l’uso contemporaneo di più insetticidi, sia larvicidi che adulticidi. L’accaparramento degli insetticidi esistenti da parte delle autorità sanitarie e la contemporanea urgente richiesta di queste sostanze da parte della popolazione terrorizzata ha portato ad un impennata notevole dei prezzi che ha generato comunicati di tono trionfalistico delle ditte produttrici (pare che la Sumitomo, filale giapponese della Monsanto, si sia offerta generosamente di sponsorizzare delegazioni olimpiche nazionali) . L’allarme non è limitato al Brasile, ma generalizzato anche per l’intervento di Autorità Sanitarie Internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il Presidente OMS ha di recente affrontato il tema convocando un comitato di 18 esperti che hanno decretato dubitativamente The experts agreed that a causal relationship between Zika infection during pregnancy and microcephaly is strongly suspected, though not yet scientifically proven ”: ciononostante il Presidente, senza essere sfiorato da dubbi, conclude “I am now declaring that the recent cluster of microcephaly cases and other neurological disorders reported in Brazil, following a similar cluster in French Polynesia in 2014, constitutes a Public Health Emergency of International Concern” (WHO, 2016). Di tono analogo (ma ricca di inesattezze e sbrigative conclusioni, come la decisa ed aprioristica assoluzione del larvicida Pyriproxyfen) è l’intervista al dr. Bertollini (QuotidianoSanità.it), rappresentante dell‘ OMS presso la UE: il funzionario ha fin dall’inizio dato per certo che c’è un rapporto fra lo Zika e la microcefalia, anche lui citando, a rinforzo dei dati brasiliani, il “cluster” di casi verificatasi nella Polinesia francese. Ovviamente anche nel nostro paese si sente dovunque inneggiare alla “lotta” che, complice l’arrivo imminente della primavera. si dovrà combattere, come avviene da molti anni, ma con rinnovato vigore. La verità è che con tutta probabilità non c’è stato un aumento di craniostenosi in Brasile e lo Zika virus è innocente. Mentre attendiamo dati scientificamente accertati occorre dire che la campagna mediatica che abbiamo descritto, che tante conseguenze negative ha già provocato, si è basata su assunti che non sono minimamente provati e sono anzi assolutamente improbabili. 1) Il dato dei 150 casi negli anni precedenti il 2015 è certamente frutto di inaccurata notifica perchè in tutti i paesi del mondo l’incidenza di craniostenosi è 1-3 fino a 12 casi per diecimila nati (CDC), con notevoli oscillazioni di questi valori anno per anno: in Brasile quindi, con 3 milioni di nascite all’anno (UNDATA), non appare inappropriato trovare un numero di casi intorno al migliaio. Inoltre poichè nella etiologia della craniostenosi, oltre ad infezioni virali all’ inizio della gravidanza (citomegalovirus soprattutto), ci sono la malnutrizione, l’assunzione di droghe da parte della madre e cattive condizioni ambientali ( National Institute of Neurological Disorders ), è assai improbabile che in Brasile si verifichino solo un decimo dei casi registrati nel Regno Unito o negli Stati Uniti (CDC; Ashwal et al., 2009). In Colombia, paese limitrofo al Brasile dove Zika Virus è assai presente, non si segnalano aumenti di craniostenosi (Cobb et al., 2015). 2) La correlazione tra Zika virus e microcefalia è tutt'altro che accertata pur essendo vero che alcuni casi molto ben studiati tra cui quello di una di una donna italiana che ha cercato l'aborto a Lubliana, dimostrano che il virus in questione, come tanti altri, possa essere causa di malformazioni fetali se contratto nelle prime fasi della gravidanza. 3) Molti esami diagnostici utilizzati fino ad adesso hanno difficoltà a distinguere Zika da Dengue, che è un virus simile per molti aspetti. Solo nel febbraio 2016 gli esperti del Texas Children’s Hospital e dell’Houston Methodist Hospital hanno sviluppato un test per Zika in grado di identificare il virus in poche ore (Sifferlin, 2016) 4) Anche se si volesse ammettere che un aumento dei casi di craniostenosi si sia verificato, ci sono molte spiegazioni alternative al virus Zika che sono state ipoteticamente, ma autorevolmente, avanzate. Una di queste viene da associazioni di medici argentini (Physicians in the Crop-Sprayed Villages, 2016) e brasiliani (Abrasco, 2016) che incolpano un larvicida, il pyriproxyfen, che nelle zone in cui si sono verificati i casi di craniostenosi, sarebbe stato immesso negli acquedotti e nelle cisterne per l’acqua potabile per eliminare le larve di zanzara: di fatto questo composto di recente è stato proibito proprio per questo sospetto da uno degli Stati del Brasile (lo stato del Rio Grande). Altri hanno indicato in vaccinazioni mal testate, praticate in Brasile in donne in corso di gravidanza, le responsabili per i casi di craniostenosi (dos Santos Filho, 2016). 5) Anche ammettendo che l’aumento di casi di craniostenosi c’è stato e dipende dall’infezione con Zika Virus, occorrerebbe semplicemente prendere atto che la lista di infezioni virali trasmesse dalle zanzare che in tutti i paesi tropicali, dall’America centro meridionale fino alle isole del Pacifico, provocano epidemie e morti ogni anno si è allungata di una unità: in tal contesto in una lista che include Cikungunya, Dengue, Febbre gialla Rift Valley fever virus, Japanese encephalitis virus, West Nile virus, ecc., tutte infezioni presenti nello stesso Brasile con tassi di mortalità non irrilevanti, lo Zika virus, anche se avesse causato un certo numero di craniostenosi, non sarebbe certo il più dannoso. Nulla di veramente nuovo quindi che giustifichi tanto clamore. 6) Ma il clamore ha generato paura e la paura induce ad una spietata “lotta alle zanzare”: ciò è da sempre avvenuto in tutti i paesi in cui queste malattie sono una piaga gravissima con guerre ben più motivate di quella pur comprensibile ingaggiata per salvare il budget dei giochi olimpici. Ma va detto che mai, in nessun caso, neanche temporaneamente, si è realizzato l’obiettivo di far scomparire una specie di perniciosa zanzara: anzi tanto più si irrorano campi e zone urbane tanto più emergono ceppi resistenti a tutti gli insetticidi impiegati (Ronchetti et al., 2015). Secondo evidenza quindi il programma aggressivo (e propagandistico) che la presidente Rousseff è stata indotta a intraprendere risulterà: - inutile, perche la A. aegypti sopravviverà, - controproducente, perche lo stesso insetto diverrà fortemente resistente, - fortemente inquinante per terreni, acque, cibo e persone, - costosa per la gioia delle ditte produttrici di pesticidi (c’è alla fin fine un qualcuno “cui prodest”). Possiamo dire tutto ciò con autorevolezza, noi Italiani, che da anni siamo indiscussi leader Europei e forse mondiali nel consumo di insetticidi per la lotta alle zanzare. E pensare che, grazie al cielo, non abbiamo nel nostro territorio malattie trasmesse da questi insetti. 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Professor Roberto Ronchetti