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[2017] - Quattro passi nella "Ecologia": dalla denuncia alla "resilienza sociale"
Molti
problemi
ecologici,
probabilmente
la
maggior
parte
di
loro,
stanno
diventando
sempre
più
gravi
ed
alcuni velocemente tendono a causare disastri irreversibili.
E’ quindi il momento di avviare un ripensamento ed una profonda speculazione sulla scienza ecologica:
1)
Per
definizione,
le
Società
Scientifiche
di
Ecologia
(inclusa
ISDE)
si
occupano
prevalentemente
dello
studio
delle
cause
e
delle
conseguenze
di
situazioni
ambientali
pericolose
per
la
salute
pubblica.
Tradizionalmente,
lo
scopo
di
queste
Società
è
stato
prevalentemente
la
documentazione
della
esistenza
di
problemi
ambientali
e delle loro conseguenze sulla salute (
fase di denuncia
).
2)
La
prima
fase
della
denuncia,
logicamente,
dovrebbe
includere
(ma
non
sempre
ciò
accade)
la
definizione
delle
misure
che
sono
considerate
necessarie
al
fine
di
prevenire
o
rimuovere
gli
attesi
danni
alla
salute
(
fase
della proposta
).
3)
Gli
ecologisti
sono
normalmente
inclini
a
demandare
all'Autorità
Pubblica
o
ad
altri
Operatori
Sociali
il
compito
di
porre
in
pratica
gli
interventi
necessari
a
ridurre
o
eliminare
le
cause
riconosciute
di
minaccia
alla
salute.
Sfortunatamente
e
nonostante
gli
sforzi
meritevoli
di
molte
Società
Scientifiche
ambientaliste
(inclusa
ISDE),
dobbiamo
riconoscere
che
nel
corso
degli
ultimi
decenni
il
numero
e
l'intensità
dei
fattori
ambientali
che
sono
capaci
di
danneggiare
la
salute
pubblica
(parliamo
prevalentemente
di
qualità
dell'aria,
dell'acqua,
del
cibo
e
delle
conseguenze
dell’
inarrestabile
cambiamento
climatico)
sono
in
continuo
aumento
e
peggioramento.
Questo
fatto
dimostra
che
i
processi
descritti
come
fasi
uno
e
due
(denuncia
e
proposte)
nella
maniera
in
cui
sono
stati
applicati
fino
ad
ora,
non
sono
sufficienti
per
raggiungere
i
nostri
scopi:
ovviamente
le
soluzioni
proposte
dagli
ecologisti
sono
o
insufficienti
o
non
arrivano
nemmeno
ad
essere
poste
in
opera.
L’Agente
interessato
e
capace
di
modificare
la
situazione
è
probabilmente
soltanto
l'opinione
pubblica: noi dobbiamo chiedere alla nostra popolazione di cooperare (
fase di comunicazione
).
4)
Noi
dobbiamo
essere
ben
coscienti
che
con
una
certa
(probabilmente
alta)
probabilità
il
terzo
livello
(quello
di
comunicare
alla
pubblica
opinione
quali
sono
le
misure
che,
se
poste
in
pratica,
potrebbero
rimuovere
importanti
minacce
per
la
salute
pubblica)
sarà
inefficiente.
In
tempi
di
“dopo
verità”
“fake-news”
e
forte
influenza
finanziaria
sopra
i
mezzi
di
informazione,
i
nostri
messaggi
hanno
alta
probabilità
di
essere
sommersi
dal
rumore
di
fondo
o
persino
trovare
specifica
opposizione,
se
in
contrasto
con
specifici
interessi.
Evidentemente,
noi
dobbiamo
immaginare
un
quarto
livello
di
azione:
come
possiamo
noi
ottenere
il
necessario
livello
di
cooperazione
da
parte
della
popolazione?
Noi
definiamo
“resilienza
sociale”
la
capacità
di
una
comunità
o
di
una
nazione
di
creare
strutture
capaci
di
assicurare
la
propria
sopravvivenza
o
lo
sviluppo
di
procedure
che
possono
far
fronte
a
disastri
o
evitare
pericoli
per
il
gruppo.
È
quindi
evidente
che
la
persistenza
e
l’ulteriore
degradazione
del
nostro
ambiente
dimostra
che
la
nostra
Società
non
è
resiliente.
Il
quarto
livello
della
nostra
azione
ecologica
dovrebbe
quindi
essere
quello
di
aumentare
il
livello
della
“resilienza sociale” (
fase di ricerca della “Resilienza sociale”
).
Questo
argomento
è
stato
largamente
trascurato
nel
passato
e
gli
scienziati
ecologisti
(come
tutti
gli
altri
scienziati)
dovranno
probabilmente
“entrare
nella
foresta
della
psicologia
delle
popolazioni”
e
trovare
una
via
per
creare
messaggi
scientifici
che
possano
raggiungere
il
bersaglio
finale
e
cioè
l’opinione
pubblica.
Per
gli
“scienziati”
questa
è
una
prospettiva
terrificante
proprio
come
accade
nelle
favole.
Ma
gli
scienziati
hanno
un
metodo
infallibile
per
risolvere
i
loro
problemi
e
le
loro
paure
e
cioè
il
metodo
scientifico:
ipotesi,
esperimento,
risultato,
nuova
ipotesi
e
così
via.
In
sostanza
occorre
imparare
(o
creare
se
necessario)
e
mettere in pratica un metodo scientifico per aumentare la “resilienza sociale”.
Un
modo
alternativo
di
comportamento
potrebbe
essere
quello
che
noi
abbiamo
seguito
fino
ad
ora
e
che
consiste
nel
dire
“questo
non
è
affar
nostro”
e
continuare
a
riporre
la
nostra
fiducia
nelle
Riviste
Scientifiche
che
al
giorno
d'oggi
non
soltanto
richiedono
eccellente
qualità
degli
scritti
sottoposti
per
la
pubblicazione
(quindi
risultato
di
costosi
progetti
scientifici)
ma
anche
richiedono
un
prezzo
(una
“publication
fee”)
all'autore:
non
è
facile
per
gli
ecologisti
di
essere
supportati
finanziariamente.
Altrimenti
noi
potremmo
continuare
ad
inviare
i
nostri
messaggi
alle
Autorità
Pubbliche:
i
risultati,
come
noi
abbiamo
sperimentato
parecchie
volte,
dipendono
dalla
qualità
delle
persone
in
carica
nella
Pubblica
Amministrazione.
Se,
come
viene
spesso
detto
ed
è
probabilmente
vero,
la
qualità
delle
Autorità
Pubbliche
largamente
riflette
la
qualità
(la
resilienza
sociale?)
della
società
dalla
quale
essi
sono
stati
eletti,
il
circolo
tende
a
chiudersi:
ci
si
può
fidare delle Autorità solo se la Società è resiliente.
Noi, gli ecologisti, se ci proponiamo l’obbiettivo (folle) di invertire l’andamento dei disastri ambientali,
dobbiamo primariamente trovare la maniera migliore (chiedere, operare, imporre...) per tentare di
aumentare il livello della “resilienza sociale”.
Professor Roberto Ronchetti